di Paola Ferrari (da Il Sole-24 Ore Sanità)
28 gennaio 2014
Il
rapporto ottimale non può essere innalzato dalle Regioni. Gli accordi
locali nelle Province autonome non possono violare le regole delle
convenzioni nazionali. E il giudice competente nelle controversie è
quello ordinario, non quello amministrativo. Sono tre indicazioni
destinate a fare giurisprudenza quelle espresse nella sentenza di rinvio
n. 67/2014 del 7 gennaio emessa dalle Sezioni Unite della Cassazione.
L'occasione
è derivata dall'appello della Fimmg contro la determinazione della
Provincia autonoma di Bolzano che innalzava il rapporto ottimale dei
generalisti a un medico ogni 1.500 assistibili con massimale fino a
2.000 per ogni medico, violando, secondo il sindacato, la legge
833/1978, art. 48, comma 3. Secondo la Fimmg, l'innalzamento oltre il
massimale previsto dagli Acn (1 medico ogni 1.000 assistibili con
massimo di 1.500 pazienti) è un limite inderogabile dalla contrattazione
decentrata.
La questione aveva visto nella fase di merito due pronunce opposte.
Le Sezioni Unite hanno adesso dato ragione ai medici considerando il provvedimento regionale illegittimo. Le regole di riferimento, contenute nel Dlgs 502/1992, art. 8 (richiamate dal Dl 81/2004, art. 2 nonies, convertito dalla legge 138/2004), costituiscono princìpi fondamentali cui la legislazione provinciale è tenuta a uniformarsi. Il contenuto degli Acn rappresenta principio generale di regolazione del rapporto convenzionale dei medici di medicina generale e dei pediatri a livello nazionale. Di conseguenza, le convenzioni decentrate possono regolare autonomamente gli aspetti collaterali a quelli già definiti con gli Accordi collettivi, ma non possono contraddirli. Questo vale, afferma la sentenza, anche nel caso delle Regioni autonome i cui statuti hanno carattere concorrente con la legislazione statale: la loro autonomia deve essere esercitata, oltre che in armonia con la Costituzione e i princìpi dell'ordinamento giuridico dello Stato, nei limiti dei princìpi stabiliti dalle leggi dello Stato (comma 1).
Le Sezioni Unite hanno adesso dato ragione ai medici considerando il provvedimento regionale illegittimo. Le regole di riferimento, contenute nel Dlgs 502/1992, art. 8 (richiamate dal Dl 81/2004, art. 2 nonies, convertito dalla legge 138/2004), costituiscono princìpi fondamentali cui la legislazione provinciale è tenuta a uniformarsi. Il contenuto degli Acn rappresenta principio generale di regolazione del rapporto convenzionale dei medici di medicina generale e dei pediatri a livello nazionale. Di conseguenza, le convenzioni decentrate possono regolare autonomamente gli aspetti collaterali a quelli già definiti con gli Accordi collettivi, ma non possono contraddirli. Questo vale, afferma la sentenza, anche nel caso delle Regioni autonome i cui statuti hanno carattere concorrente con la legislazione statale: la loro autonomia deve essere esercitata, oltre che in armonia con la Costituzione e i princìpi dell'ordinamento giuridico dello Stato, nei limiti dei princìpi stabiliti dalle leggi dello Stato (comma 1).
Al
riguardo, la Corte costituzionale con la sentenza 59/2006 ha rilevato
che quando la normativa interessata ricade nella competenza legislativa
concorrente, l'autonomia delle Province di Trento e Bolzano non rende
più ampia la loro sfera legislativa in confronto a quella delle Regioni a
statuto ordinario; il che comporta che, al pari delle Regioni, nelle
materie di legislazione concorrente, ai sensi dell'art. 117, comma 3,
ultima parte, spetta alle due Province «la potestà legislativa, salvo
che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla
legislazione dello Stato».
In
tema di giurisdizione, la sentenza ha chiarito che sono rimesse alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo le controversie
relative a concessioni di pubblici servizi in cui la Pa, quindi, agisce
come autorità impositiva. Quando, al contrario, agisce con interventi a
contenuto negoziale la materia è attribuita alla giurisdizione del
giudice ordinario dal Dlgs 165/2001, articolo 63, comma 3, rientrando
nel novero delle «controversie promosse da organizzazioni sindacali,
dall'Aran o dalle pubbliche amministrazioni, relative alle procedure di
contrattazione collettiva di cui all'art. 40 e seguenti del decreto»,
tra le quali vanno ricomprese anche le controversie in cui venga in
contestazione la validità o l'efficacia di determinate clausole
collettive (v. S.u. n. 3145/2003).
In conclusione, le Sezioni Unite hanno cassato la sentenza 15/2011 della Corte d'appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, rinviando alla stessa Corte in diversa composizione. Con l'ordine di procedere a nuovo esame applicando il principio di diritto enunciato: il contenuto delle convenzioni nazionali «rappresenta principio generale di regolazione del rapporto convenzionale dei medici di medicina generale a livello nazionale» e gli accordi decentrati tra Provincia autonoma e sindacati «possono regolare autonomamente gli aspetti collaterali a quelli già definiti con gli accordi nazionali previsti dalla legge 138/2004, ma non possono contraddire le disposizioni contenute negli accordi stessi».
In conclusione, le Sezioni Unite hanno cassato la sentenza 15/2011 della Corte d'appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, rinviando alla stessa Corte in diversa composizione. Con l'ordine di procedere a nuovo esame applicando il principio di diritto enunciato: il contenuto delle convenzioni nazionali «rappresenta principio generale di regolazione del rapporto convenzionale dei medici di medicina generale a livello nazionale» e gli accordi decentrati tra Provincia autonoma e sindacati «possono regolare autonomamente gli aspetti collaterali a quelli già definiti con gli accordi nazionali previsti dalla legge 138/2004, ma non possono contraddire le disposizioni contenute negli accordi stessi».
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