venerdì 19 aprile 2013

LE MITICHE ILLUSIONI DELL'H24


Vi ripropongo la lettura di questo interessante articolo del Sole 24 ore Sanità del 16-22 aprile:

“Mentre non vi è alcun dubbio che gli ospedali e i servizi di emergenza devono essere sempre adeguatamente dotati di personale e risorse 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana e 365 giorni l'anno, l'idea che non dovrebbe esserci differenza per i servizi di routine, che dovrebbero essere offerti al completo nei fine settimana e durante le vacanze è potenzialmente dispendiosa e distruttiva.
L'argomento a sostegno sell’ipotesi sembra essere che, se i negozi rimangono aperti più a lungo, dovrebbe essere così anche per cliniche, ambulatori e sale operatorie”.
Le frasi, extrapolate da un articolo apparso sul BMJ in febbraio a firma del Presidente del College dei GP inglesi, Iona Heath, in riferimento alle proposte del governo conservatore, sembrano valide e attuali anche per la realtà italiana (Heath I, Not safe in their hands, BMJ 20 Feb 2013).
Il successo mediatico dell’h24 nel nostro Paese deriva dal malinteso che in questo sistema il medico di famiglia sarà a disposizione dei pazienti 24 ore al giorno. In realtà non è stato spiegato che il medico disponibile dovrà essere necessariamente il medico “in turno”, che solo per alcune ore al giorno sarà il proprio medico di famiglia. L’h24 e il 7/7per la medicina generale, secondo i suoi sostenitori, risponderebbe alla necessità di offrire nel territorio quello che oggi la gente va a cercare nei pronto soccorso ospedalieri e per la presa in carico globale dei pazienti, in particolare dei pazienti cronici.
In realtà il primo vizio di fondo dell’ipotesi è che si confonde la risposta all’urgenza con la presa in carico delle cronicità. Se guardiamo al problema delle urgenze oggi i cittadini si rivolgono ai pronto soccorso per ottenere una risposta tempestiva a un problema di salute che in pochi casi è un’urgenza oggettiva, a volte è un’urgenza soggettiva, il più spesso è un problema differibile; essi chiedono una risposta tempestiva soprattutto in termini di diagnostica e di consulenza specialistica. L’apertura di studi aggregati di medici di medicina generale per 24 ore 7 giorni su 7 non potrà mai offrire una risposta sufficiente al bisogno espresso perché le strutture complesse offrono prevalentemente assistenza di medicina generale e la dotazione tecnologica di base (bisogna poi vedere cosa si intende per tecnologia di base) e la presenza di alcune figure specialistiche per alcune ore al giorno non risponderebbe che a una minima parte delle soggettive necessità dei cittadini che si rivolgono in PS. Si corre perciò il rischio di una duplicazione di strutture preposte all’urgenza senza effettivi benefici ne di salute ne di risparmio.
Se ragioniamo invece sulla presa in carico del paziente cronico non è ben chiara l’utilità di uno studio medico supermercato, aperto ogni giorno a tutte le ore, perché l’assistenza al paziente cronico si avvale di attività sanitarie programmabili. L’h24 invece produrrebbe effetti dannosi sul rapporto fiduciario e sulla spesa sanitaria.
Dato che non è possibile ipotizzare che il medico di famiglia sia impegnato nel lavoro 24 ore al giorno, è presumibile che il cittadino possa rivolgersi in qualsiasi momento preso lo studio associato del proprio medico ma consultando il medico “in turno”. Questo da una parte porterebbe a minare il rapporto fiduciario, che è il punto di forza della medicina generale europea, trasformando gli studi associati in piccole strutture sul modello ospedaliero. Da un’altra parte l’h24 e il 7/7 porterebbe inevitabilmente ad un incremento dei costi assistenziali nel territorio perché se il “supermercato della salute” è sempre aperto aumentano i consumi e la spesa sanitaria, che in questo caso però non è a carico dell’utente ma della collettività.
Che fare allora? Distinguiamo tra risposta all’urgenza e presa in carico della cronicità. Una premessa valida però per entrambe gli aspetti è che non può essere definito a priori un unico modello organizzativo valido per le metropoli e le città, per i piccoli comuni e per le zone a popolazione sparsa. Quello che va definito a priori è il modello assistenziale al quale occorre poi adeguare, a seconda della realtà considerata, più modelli organizzativi.
Risposta all’urgenza soggettiva. Da una parte occorre potenziare la risposta dei PS, soprattutto in termini di personale e di attività diagnostica, e dall’altra organizzare percorsi differenti per i codici di diverso colore. I percorsi alternativi per i codici bianchi e verdi sono ovviamente differenti a seconda della realtà locale. Nelle città possono essere UCP o strutture territoriali aperte 24 ore deputate al’urgenza, nei piccoli centri le medicine di gruppo, nelle realtà sparse le aggregazioni funzionali prevedendo un servizio di continuità assistenziale notturna e festiva. Quello però che è fondamentale, chiunque sia il soggetto che risponde all’urgenza soggettiva, è la messa in rete degli operatori, del 118 e dei servizi di PS con la possibilità di attivare in tempo reale i servizi diagnostici ed eventuali consulenze specialistiche. Il cittadino così avrà la certezza di poter accedere, se necessario, ad una risposta che ritiene adeguata la suo bisogno anche al di fuori del PS ospedaliero.
Presa in carico della Cronicità. Il modello assistenziale deve prevedere la definizione di un piano assistenziale individualizzato per il singolo paziente, definito da un team delle cure che comprenda il medico di famiglia, gli specialisti di riferimento e le figure professionali infermieristiche del territorio formate al care management e al supporto motivazionale del paziente cronico. Appare infatti necessario un coinvolgimento attivo del paziente per poter raggiunger i migliori risultati di salute (patient empowerment). I modelli organizzativi devono adeguarsi a quel modello assistenziale prevedendo innanzitutto un forte livello di integrazione tra tutte le figure professionali coinvolte, che può realizzarsi fisicamente nelle UCP, ma anche in chiave funzionale nei piccoli comuni e nella campagne individuando strumenti ed indicatori che favoriscano la comunicazione e la collaborazione tra i professionisti.
A che serve in questo caso l’h 24 e il 7/7? Si tratta di attività assistenziali di routine programmabili e da programmare, per le quali non è utile incrementare l’offerta indiscriminata di servizi e prestazioni. Quindi l’h24 e il 7/7 per la presa incarico della cronicità è soltanto uno slogan senza alcuna reale convenienza e con un incremento certo di spesa corrente e un probabile incremento di spesa indotta.
Ancora dall’articolo di Iona Heath: “Personalmente, sono ben disposta a pagare la mia parte integrale delle imposte in modo che tutti possano avere accesso alle cure di emergenza e urgenza di cui hanno bisogno. D'altra parte, non sono disposta a finanziare l'accesso universale alle cure non urgenti al di fuori degli orari normali.”
Non è utile innamorarsi degli slogan ma occorre costruire modelli organizzativi che rispondano a precisi modelli assistenziali.

Ernesto Mola

ASSIMEFAC (Associazione Scientifica Interdisciplinare e di Medicina di Famiglia e di Comunità)