mercoledì 17 luglio 2013

Menicanti (Sicch): boom dei contenziosi effetto del decreto Bersani

Riporto le dichiarazioni del dott. Menicanti in quanto a mio avviso riguardano tutti i medici

La stragrande maggioranza dei cardiochirurghi è assicurata, anche se con coperture molto differenti se lavorano in strutture pubbliche o private accreditate. In ogni caso, al di là dell'eventuale obbligatorietà, è sempre fortemente consigliata la stipula di una polizza assicurativa». Ad affermarlo è Lorenzo Menicanti, presidente della Società italiana di chirurgia cardiaca (Sicch). «Anche perché» prosegue «esistono ospedali che non si assicurano e casi in cui la Corte dei Conti si è rivale sull'ospedale che a sua volta si è rivale sul professionista. Una situazione che genera notevole inquietudine». E così, dopo gli scioperi dei ginecologi e degli ortopedici, anche i chirurghi sono sul piede di guerra. Per Menicanti il rapido sviluppo dei contenziosi medico-legali trae origine dalla legge Bersani 4 agosto 2006 n.248 (il "decreto sulle liberalizzazioni") che ha legalizzato i "patti di quota lite" con cui i legali si fanno riconoscere una percentuale in caso di vittoria. «A quel punto il paziente può denunciare qualunque medico e, se perde la causa, non è tenuto ad alcun risarcimento, mentre il medico ha possibilità di rivalsa solo dopo un verdetto favorevole in terzo grado di giudizio. Negli Usa, invece, se il paziente perde la causa deve pagare il professionista in modo consistente. In altri paesi, come la Germania o l'Austria, chi denuncia deve lasciare un deposito che sarà restituito in caso di vittoria processuale, o incamerato dal denunciato in caso contrario». Senza questi freni, si spiegano anche le 12.500 denunce registrate l'anno scorso per malpractice, che fanno assurgere l'Italia - una delle nazioni dall'età media più avanzata - a paese con maggior numero di contenziosi per milione di abitanti. Ma quando si può affermare con certezza che un chirurgo ha sbagliato? «Se è stata posta un'indicazione non appropriata e se la procedura non è stata eseguita in modo corretto. Questa valutazione però è complessa e richiederebbe una commissione di esperti, mentre i consulenti dei tribunali spesso sono cultori della materia senza conoscenze pratiche». Da notare, infine, che l'Italia è uno dei soli 3 paesi al mondo (insieme a Polonia e Messico) a configurare un decesso ospedaliero come omicidio colposo.


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