Una revisione della “Legge Brunetta” dell’ottobre 2009 che ha introdotto
“misure finalizzate a contrastare il fenomeno dell’assenteismo nelle
pubbliche amministrazioni” tra le quali “sono state disciplinate delle
fattispecie speciali di responsabilità disciplinare e penale aventi come
soggetto attivo della condotta il medico”. A chiederlo una delibera
dell’Ordine di Piacenza, accolta all’unanimità con una mozione dal
Consiglio nazionale Fnomceo della scorsa domenica. La delibera prende
l’avvio da una vicenda di cronaca che ha riguardato un medico
piacentino. L’accusa mossa al medico è di aver rilasciato diversi
certificati di malattia per lunghi periodi di assenza a un funzionario
pubblico senza averlo effettivamente visitato. «Fermo restando la
condanna sul piano deontologico» spiega il presidente dell’Ordine
piacentino Augusto Pagani «quello che lascia allibiti è
l’assoluta sproporzione tra reato e gravità della pena». In base alla
legge Brunetta, infatti, “il rilascio di certificazioni di malattia che
attestano dati clinici non direttamente constatati né oggettivamente
documentati” se ciò è in “relazione all’assenza dal servizio di un
pubblico dipendente” comporta per il medico una pena che va da 400 euro a
1600 e la reclusione da uno a cinque anni. Non solo. “La sentenza
definitiva di condanna o di applicazione della pena per il delitto di
cui al comma 1 comporti per il medico la sanzione disciplinare della
radiazione dall’albo e altresì, se dipendente di una struttura sanitaria
pubblica o se convenzionato con il sistema sanitario nazionale, il
licenziamento per giusta causa o la decadenza della convenzione”. Pene
estremamente gravi e immotivate, secondo il presidente di Omceo Piacenza
che propone «una seria e definitiva riflessione riguardo le norme della
certificazione di malattia che deve essere assolutamente rivista e
prevedere l’autocertificazione per i primi tre giorni di malattia. Oggi»
spiega Pagani «succede che l’obbligo che ha il lavoratore di produrre
un certificato faccia sì che il medico si trovi talvolta nella
condizione di dover fare un certificato quando già il lavoratore è stato
a casa e dunque ne debba prendere atto a posteriori. Una revisione
delle norme» conclude il presidente dell’Ordine piacentino è
nell’interesse dei lavoratori, che hanno la possibilità e la
responsabilità di certificare le brevi malattie, ma anche in quello
dell’Azienda dei medici e degli organi di controllo».