Dopo aver visto, in un precedente post, il pronunciamento del Consiglio di Stato sulla prescrizione per principio attivo, penso possa essere utile rammentare un'altra sentenza, non recentissima ma sempre attuale, sulla responsabilità del farmacista nell'erogazione del farmaco generico.
La sentenza
n.8073 del 28.03.2008 della Cassazione sezione Civile III° precisa che il farmacista, a cui sia stata presentata una precisa
ricetta medica, non è tenuto ad accertare se il farmaco e la posologia
del farmaco prescritto siano corrispondenti alle effettive esigenze
terapeutiche del paziente.
Deve limitarsi a dispensare il farmaco che il
medico ha prescritto.
Se il medico non appone la nota “non sostituibile
sulla prescrizione di un farmaco originale a brevetto scaduto, il
farmacista acquisito il consenso informato dell’assistito può dispensare
un farmaco generico equivalente.
Nulla vieta al medico di apporre la
nota “non sostituibile” anche sulla prescrizione di un farmaco
equivalente di un produttore che ritiene più affidabile, nel qual caso a
parità di costo il farmacista è tenuto a dispensare esattamente ciò che
il medico ha prescritto.
L’art.26 del codice deontologico del
farmacista afferma che in caso di prescrizione dubbia il farmacista è
tenuto a prendere contatto con il medico proscrittore per il necessario
chiarimento, poiché la spedizione della ricetta medica presuppone
certezza nel farmacista e sicurezza per il paziente.
Il farmacista ha il
dovere di acquisizione del consenso informato dell’assistito per la
dispensazione del farmaco equivalente in sostituzione al farmaco
originale prescritto, quando il medico non appone sulla ricetta
l’indicazione “non sostituibile”, ai sensi della legge n.405/2001 e
della legge n.149/2005 di conversione del D.L. 87/2005 art.1.
Questo dovere è precisato anche dal suo codice deontologico che all’art.
12 afferma : l’informazione fornita deve essere chiara, corretta e
completa in riferimento ai medicinali.
Dunque per una corretta acquisizione del consenso informato alla
sostituzione del farmaco originale col farmaco equivalente generico, il
farmacista può dire all’assistito che il farmaco equivalente è simile,
non che è uguale all’originale. Dire che è uguale infatti orienta in
modo non corretto la scelta autonoma dell’assistito perché non
corrisponde al vero e quindi potrebbe apparire come una pubblicità
ingannevole, vietata anche dalla legge n.49/2005 sulla pubblicità
ingannevole e dal D.Lgs. 216/2006 sulla pubblicità ai farmaci.
(fonte: www.univadis.it)
Nessun commento:
Posta un commento
Ricordiamo a chi vuole pubblicare un commento che questo verrà pubblicato solo dopo l'approvazione della moderazione e che è necessaria la registrazione al Blog.
Ci scusiamo per l'eventuale ritardo nella pubblicazione dei commenti, ma è bene evitare messaggi inappropriati.