L’Enpam fotografa il mondo dei medici italiani: in futuro più donne, meno mmg. Troppe disparità nei redditi tra giovani e senior
Il mondo dei medici e della medicina immortalato dall’annuario
statistico 2010 appena pubblicato dall’Enpam, la più grande cassa
privata italiana che eroga poco più di un miliardo di euro l’anno in
prestazioni previdenziali. Vediamo nel dettaglio com’è strutturato il
pianeta medico italiano: la regione italiana che ha più camici bianchi è
la Lombardia (50.493), seguita da Lazio (40.532), Campania (34.615) e
Sicilia (32.620). Isolando poi i medici di famiglia, la Lombardia
conserva il primato (8.538), seguita da Campania (7.979), Sicilia
(6.868) e Lazio (5.942). E sono proprio Lombardia e Lazio ad
aggiudicarsi la maggiore spesa per le pensioni pagate ai medici (anno
2010): rispettivamente 165,5 e 117,5 milioni di euro.
Per
quanto riguarda la previdenza, il “fondo di previdenza generale”,
quello più capiente, è ripartito in due sottogruppi: alla “quota A” si
iscrivono obbligatoriamente tutti i medici e gli odontoiatri che
conseguono il titolo, dopo l’esame di Stato (al termine della laurea
quinquennale). Gli iscritti in questo contenitore onnicomprensivo sono
poco meno di 349 mila (348.846, per l’esattezza): 137 mila femmine e 212
mila maschi. C’è poi, sempre nel medesimo fondo, la “quota B”, cui si
devono iscrivere i medici che esercitano la libera professione, che sono
152 mila (105 mila maschi e 47 mila femmine). Il secondo fondo è quello
dei “medici di medicina generale”, vale a dire i medici di famiglia,
altra categoria rilevante: sono in tutto 68.670 (23.119 femmine e 45.551
maschi). Gli altri due fondi sono meno significativi dal punto di vista
dei numeri: uno è dedicato agli “specialisti ambulatoriali” (sono
17.720), l’altro agli “specialisti esterni” (medici che lavorano nelle
strutture convenzionate, sono 6.629 soggetti). Ci sono poi i 133 mila
assunti dalle strutture ospedaliere: a livello previdenziale, fermo
restando l’adesione alla menzionata “quota A” del “fondo di previdenza
generale”, la categoria è in carico all’Inpdap, perché questi medici
sono a tutti gli effetti dipendenti pubblici (ma se esercitano anche la
libera professione, superata la soglia dei 10 mila euro annui di
reddito, devono iscriversi anche alla “quota B” del “fondo di previdenza
generale”). Considerando gli ultimi anni, tutti i vari fondi Enpam
mostrano una progressione nel numero degli iscritti, eccetto quello dei
medici di famiglia, che si attesta sui valori del 2005. L’incremento più
generale e significativo, che riguarda tutta la categoria medica, è
quello della “quota A” del “fondo di previdenza generale”: se nel 2000
contava poco più di 302.000 iscritti, sul decennio registra
un’espansione di oltre il 15% (passando ai menzionati 348.846 del 2010).
E c’è da notare che la popolazione medica più giovane è oggi in misura
crescente femminile: tra i professionisti della fascia di età 29-35, le
femmine superano nettamente i maschi. Nei decenni futuri, dunque, le
dottoresse ribalteranno la schiacciante maggioranza maschile che oggi si
verifica nella popolazione medica dei cinquantenni, dove gli uomini
sono circa il doppio rispetto alle loro colleghe. Dal punto di vista
delle retribuzioni, i dati più eloquenti emergono dal “fondo della
libera professione” (la menzionata “quota B” del “fondo di previdenza
generale”): se il reddito annuo di un giovane all’inizio della carriera è
di 15 mila euro, un collega senior beneficia di circa 54 mila euro. Una
disparità che si ritrova confrontando la media tra maschi e femmine:
nel 2010, per la classe di età 60-69, il professionista uomo ha
dichiarato circa 57 mila euro, mentre la collega donna si è fermata a 40
mila euro.
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