Contr’ordine: l’azitromicina non mette a rischio il cuore
Sul N° 2 di FarmaSMI era stata riportata una allarmante segnalazione, made in USA, che ha messo in moto nuove ricerche.
Uno studio osservazionale
statunitense, svolto l’anno scorso, suggeriva che, l'uso di
azitromicina, potesse legarsi a un rischio di morte per cause
cardiovascolari da 2 a 3 volte superiore, rispetto al non uso di
antibiotici o al trattamento con amoxicillina.
Questa segnalazione ha ovviamente
molteplici implicazioni, dato che l’azitromicina è un macrolide di largo
impiego nella cura delle infezioni respiratorie e sessuali, ed è
considerato in genere privo di effetti collaterali di rilievo. Il Danish
medical research council ha finanziato, quindi, un nuovo studio per
rivalutare il problema. Sono state usante le banche dati di persone fra
18-64 anni, residenti in Danimarca, misurando i tassi di mortalità,
durante e dopo 1,1 milioni di trattamenti con azitromicina, e i dati
sono stati confrontati con i decessi osservati con un numero
sovrapponibile di “non uso di antibiotici” o di terapia con penicillina.
L'uso del macrolide si è associato a
un aumento del rischio di morte, rispetto al non uso di antibiotici. Ma
se confrontato con l’uso di penicillina, le prescrizione di azitromicina
non si associava a nessun eccesso di mortalità. Il risultato suggerisce
che sono le infezioni, che hanno indotto la cura, a determinare
l’eccesso di mortalità cardiovascolare, e non l’azitromicina o la
penicillina. Se il responsabile fosse stato davvero il macrolide, il suo
uso avrebbe comportato una maggiore mortalità rispetto ai trattati con
penicillina.
Le differenze tra i risultati danesi e
quelli statunitensi si potrebbero spiegare con una migliore salute
generale nella coorte danese, il cui tasso di mortalità cardiovascolare è
molto più basso di quello americano, oppure al fatto che le coorti
includevano un numero relativamente scarso di adulti anziani, per
definizione più vulnerabili agli effetti cardiotossici.
Comunque, a fine percorso, condividiamo le conclusioni della FDA
americana, che ha così commentato i risultati, apparentemente
contrastanti, dei due studi:
“Nel 2011 più di
40 milioni di nordamericani hanno ricevuto una prescrizione di
azitromicina, un ottavo della popolazione. Per questo le implicazioni
dello studio danese sono rassicuranti: l’azitromicina può essere
prescritta in ambulatorio senza temere un aumento del rischio di morte
cardiovascolare in coeso di trattamento. Tuttavia l’eventualità di un
decesso dovuto ad un anomalo prolungamento dell'intervallo QTc ,
secondario alla assunzione di macrolidi o fluorochinoloni , dovrebbe
sempre essere tenuto presente, soprattutto nei pazienti con preesistenti
fattori di rischio cardiovascolare o nei quali la prescrizione di un
antibatterico abbia benefici limitati rispetto ai potenziali rischi.”
Lo sospettavamo! L’utilizzo di FANS è associato anche ad un incremento del rischio di eventi cerebrovascolari
Dopo la segnalazione della stretta correlazione fra uso di FANS e aumento degli accidenti cardiovascolari (1), l’Institute de Cardiologie (APHP) francese segnala che l’utilizzo di FANS è i associato anche a un aumentato rischio di ictus.
Lo studio ha analizzato la storia di 23728 pazienti, età media 67.2 ± 9.8 anni, noti per malattia aterotrombotica o con multipli fattori di rischio cardiovascolari, divisi in quattro coorti, relative all’utilizzo o meno di FANS, con o senza associazione con aspirina.
Lo
studio ha concluso che nei pazienti con malattia aterosclerotica in
fase di stabilità oppure con multipli fattori di rischio
cardiovascolari, l’utilizzo di farmaci antiinfiammatori non steroidei
(FANS) è correlato ad un incremento del rischio di eventi
cerebrovascolari. (2)