domenica 23 giugno 2013

Indennità di piena disponibilità e libera professione

Da C.G. Edizioni Medico Scientifiche
Indennità di piena disponibilità
Pubblicato il 21/06/2013 da Sergio Fucci

Due medici di medicina generale convengono in giudizio l'Asl chiedendo l'accertamento del loro diritto ad ottenere il pagamento della c.d. indennità di piena disponibilità prevista dal contratto che regola il rapporto convenzionale, assumendo che tale indennità è di loro spettanza nonostante lo svolgimento, oltre all'attività di medico di base, anche di quella di medico di fabbrica presso alcune aziende.
La loro domanda viene accolta sia in primo grado che in appello, sul presupposto che la corresponsione della predetta indennità sia incompatibile solo con un rapporto instaurato da medico con "istituzioni pubbliche o private", tale da richiedere un impegno lavorativo strutturato e costante in detti apparati, con conseguente sottrazione del sanitario dalla piena disponibilità verso i suoi assistiti.
Nel caso in esame, infatti, è emerso che i due medici hanno svolto un'attività libero-professionale per alcune aziende della Val Pusteria impiegando non più di un ora e mezzo alla settimana e sempre mantenendo la piena disponibilità all'assistenza dei pazienti loro assegnati nell'ambito del rapporto convenzionale.
Su ricorso dell'Asl tendente ad ottenere la dichiarazione di non spettanza della predetta indennità ai medici in questione, la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con sentenza n. 9171/13, depositata il 16/04/2013, respinge la tesi dell'azienda sanitaria, confermando quindi, la sentenza impugnata.
La Suprema Corte osserva, in particolare, che la tesi dell'Asl – secondo la quale l'esercizio di una ulteriore attività libero-professionale deve ritenersi in linea di principio incompatibile con la spettanza dell'indennità di piena disponibilità che rappresenta un corrispettivo del diritto di esclusiva che il medico volontariamente riconosce all'azienda sanitaria – non è fondata in quanto nasce da una interpretazione non corretta delle regole che disciplinano la convenzione.
Richiamando una sua precedente decisione (n. 7615/04), la Cassazione ribadisce che la condizione ostativa all'erogazione dell'indennità in questione non è integrata da un qualsiasi accordo del medico con soggetti pubblici o privati, dovendosi accertare in concreto se le modalità di svolgimento di questa ulteriore prestazione siano tali da non consentire al professionista il regolare adempimento del proprio impegno professionale nei confronti dei suoi assistiti previsto dalla convenzione con l'Asl.