mercoledì, novembre 28th, 2012
“Bondi
non deve restare un minuto di più sulla poltrona di commissario
governativo per la sanità laziale”. La presa di posizione è netta,
inequivocabile, corale. Imprese, sindacati, associazioni di categoria
del settore, tutti d’accordo, con una unanimità mai raggiunta finora.
Quaranta sigle riunite nella grande sala di via Torino, interventi
infiammati e a senso unico, la sanità è in uno stato preagonico, non si
può far morire. Bondi non capisce, non sa, è mal consigliato, fonda le
sue decisioni su dati sbagliati che qualcuno gli fornisce in buona o
cattiva fede. Ma se il governo non richiama all’ordine il suo uomo
saranno dolori. All’orizzonte l’equivalente di tre-quattro Ilva insieme,
venti, trentamila lavoratori a spasso, decine di migliaia di pazienti
in difficoltà, costretti a confluire nelle strutture pubbliche che già
non riescono a far fronte quotidianamente all’assalto dei malati. Sarà
il caso e costerà sotto tutti i profili, finanziario e sociale, molto di
più di quanto non si pensi di risparmiare. Non è un discorso
corporativo, non è la sanità privata a protestare, ma sono anche i
rappresentanti dei lavoratori, le associazioni dei medici. Un campanello
d’allarme dovrebbe scattare nelle stanze del potere politico. (a
proposito, politici totalmente assenti alla riunione, eccezion fatta per
il vice presidente della commissione sanità del Senato Domenico
Gramazio). Invece niente. Bondi non riceve nessuno, non parla con
nessuno, si è regalato un consulente esterno e prende ordini dal
ministro e dal Tesoro. Deve gestire i tagli e basta, ma non gioca
pulito, dicono gli interventi, anzi. Un uomo dei conti non sa fare i
conti in questa occasione e rischia di far saltare il banco. C’è un
grosso punto interrogativo sul deficit, fonti accreditate parlano di
oltre un miliardo di euro: ma su questo si resta nel generico.
Possibile? In fatto è che nessuno sa veramente di quanto la sanità
laziale sia “fuori”: fasulli i bilanci delle Asl, lo sanno tutti ma
fanno finta che non sia così. Dati parziali, fasulli , dunque, e
provvedimenti punitivi: come quelli che oltre ai posti letto, oltre ai
tagli delle strutture sotto gli ottanta posti letto, prevedono
un’ulteriore limatura dei budget alle aziende classificate del 7%. La
somma è notevole, 100 m ilioni di euro, gli effetti sono disastrosi. E’
stata la molla che ha fatto scattare la rivolta. Domani l’Aris,
l’associazione della ospedalità religiosa, giocherà per conto suo la
partita con un’altra riunione dalla quale sortiranno azioni di protesta.
Il Gemelli ha annunciato sempre per domani una conferenza stampa: i
dipendenti temono di sentire cosa diranno i dirigenti. L’alternativa, il
messaggio, il segnale? Imporre a Bondi uno stop. Attendere che le
elezioni regionali portino dei nuovi vertici, spazzare via il management
sanitario della Regione che oggi viene ritenuto a torto o a ragione in
parte responsabile del collasso del sistema: ricomimciare a discutere, a
bocce ferme. E trovare per via negoziale una soluzione. Una cosa è
certa. Se la gente sapesse veramente cosa sta succedendo scenderebbe in
piazza e farebbe le barricate.