Ricevo e pubblico volentieri:
Lettera Aperta
Al Presidente della Repubblica,
Roma
Egregio Presidente,
leggo
con interesse la Sua dichiarazione sull’importanza del SSN, quando
afferma: “Credo che dobbiamo ritenere che (il Ssn) sia pienamente
compatibile anche con una prospettiva di maggiore selezione e
contenimento della spesa pubblica, a patto che, scusate se uso ancora
una volta la famigerata parola 'ricerca', ci sia ricerca di soluzioni
razionalizzatrici e innovative. Infatti, se dobbiamo guardarci dai
giudizi e dagli interventi sommari, dobbiamo anche guardarci da
atteggiamenti puramente difensivi, conservativi dell'esistente.
Dobbiamo guardare avanti, dobbiamo guardare lontano e dobbiamo sapere
utilizzare al meglio le risorse della collettività, le risorse dei
cittadini ”Pur condividendo lo spirito delle Sue frasi non posso
non sottolineare come questi propositi rimangano, però, inevasi, se
non, addirittura, contraddetti, dall’azione di Governo. Non solo:
vista la tempistica del suo richiamo alla centralità del Ssn, non
possiamo che mostrarci preoccupati, perché siamo all’indomani
dell’approvazione di una “riformicchia” delle cure primarie, a
colpi di fiducia, fortemente voluta dal ministro Balduzzi, senza
adeguata copertura economica e di un provvedimento di taglio di 3750
posti letto, per effetto della famigerata spending review. Tuttavia,
vorrei avanzare qualche dubbio nella speranza di poter essere
smentito. Le vorrei porre delle domande da "sindacalista",
essendo il vicesegretario nazionale dello Smi (Sindacato dei Medici
Italiani), ma anche da medico che ogni giorno lavora presso il pronto
soccorso dell'ospedale San Camillo Forlanini di Roma. La mia
esperienza mi porta ad affermare che nel nostro Paese, non c’è una
razionalizzazione delle spese, ma minori risorse stanziate per il
settore. Il che sta portando a un SNN più povero, con meno servizi e
con a rischio l’accesso alle cure per i cittadini. Entriamo
nel dettaglio. La riforma Balduzzi prevede una assistenza di base 24
ore su 24. Nulla di nuovo visto che la medicina di base anche oggi è
garantita 24 ore su 24. Quello che sarebbe servito, la legge non lo
prevede, perché è una legge a costo zero, non prevede stanziamenti
per garantire servizi adeguati, magari prevedendo anche strutture in
grado di offrire al cittadino prestazioni sanitarie, infermieri che
possano somministrare terapie immediate, effettuare un ECG, un Rx,
una ecografia. Solo in questo modo il malato potra' rimanere
sul territorio senza doversi recare nei pronto soccorso. Avere un
medico che faccia una ricetta alle ore 23, invece, che alle ore 19
non cambia, invece, nulla nella assistenza, non porterà il cittadino
lontano dagli ospedali. Da anni aspettiamo questa rivoluzione delle
cure primarie, che, purtroppo, rimane ancora una volta inevasa,
incompiuta, al massimo un titolo per i giornali.Tuttavia, nonostante
venga meno la seconda gamba dell’assistenza, cioè quella del
territorio, tutta ancora da definire, se non addirittura da
decifrare, si varano altri provvedimenti le cui ricadute sono
immediate. Da subito (per la precisione entro il 31 Dicembre 2012)
dovremo tagliare in Italia (cifre del ministeri) 14.039 posti letto
per acuti.
Nella
sola regione Lazio oltre 2000. Una legge dello stato dice che questi
posti devono essere chiusi per oltre il 50% nel pubblico (ovvero si
può decidere di chiudere il 100% dei posti pubblici ma mai oltre il
49% dei privati!). Ci chiediamo: perché una legge che prevede tagli
si premura di salvaguardare il privato e non il pubblico, ben sapendo
che il taglio nel privato porta a un risparmio immediato e totale,
mentre il taglio nel pubblico inizialmente porta solo un aumento di
spesa (minore fatturato in Drg e inizialmente stessa spesa per il
personale che prima che venga ridistribuito, andato in pensione,
passeranno anni).Ma anche a questo siamo abituati: i tagli
difficilmente riguardano il privato. Il San Camillo Forlanini ha già
chiuso 300 posti letto (durante la giunta Marrazzo) che sono
serviti per aprire 300 posti letto per una inutile V Facoltà di
medicina e chirurgia privata, ovvero il Campus Biomedico. Quindi
nulla di nuovo, la propensione a salvaguardare il privato e le
università non sono per noi una cosa nuova, lo si faceva anche prima
evitando magari di scriverlo in una legge! Ma venivano al punto
centrale. Si stabilisce che in Italia, dove la popolazione anziana è
la più alta di Europa, possano bastare il 3% di posti letto per
acuti, ovvero meno di quelli previsti in Germania, Francia,
Inghilterra etc.. Cosa ci fa supporre che i nostri malati possano
necessitare di minore assistenza ospedaliera di quella data dagli
altri paesi? Già oggi nel mio ospedale abbiamo ogni giorno letti nei
corridoi e malati in barella in attesa di ricovero e molti malati
dopo averli stabilizzati e studiati in pronto soccorso (ovvero averne
sostenuto tutte le spese) siamo costretti a trasferirli nelle case di
cura private convenzionate che assistono i nostri pazienti
praticamente a costo zero. E domani, dove li metteremo questi malati?
Se, come temo, per le considerazioni già fatte, i malati
continueranno ad arrivare nel Pronto Soccorso, che potremo fare?Ecco
lo scenario più probabile: quando con una legge di qualche
anno fa, dagli esiti demenziali, si è deciso che nelle regioni in
Piano di Rientro un medico avrebbe dovuto fare fronte a 10 che
andavano in quiescenza, si è ricorso alla giungla dei contratti
temporali e precari e atipici, con giovani medici che sulla carta
dovrebbero fare ricerca e che, invece, fanno i normali turni di
servizio. Non solo: per ridurre i costi si sono affittate delle
attrezzature prevedendo con esse anche la presenza di personale
pagato, però, dalla ditta fornitrice. Parte dei lavoratori, poi, è
stata assunta ma pagandola una miseria, ma soprattutto nascondendola
alle statistiche visto che non risulta più nella voce personale ma
nella voce: "Beni e servizi". Altrimenti non sarebbe stato
possibile mandare avanti gli ospedali. Ecco lo scenario più
probabile, visti questi precedenti: il taglio dei posti letto porterà
le aziende a riaprire gli "stanzoni", cioè luoghi dove
poter ammucchiare tanti malati, assisterli al minimo, in attesa che
possano rientrare a casa o che possano accedere ai pochi letti
ufficiali disponibili presso quella struttura (o che muoiano,
purtroppo, se perdonate l’amara considerazione). Visto che questi
spazi di “attesa e smistamento” non verranno registrati come
posti letti attivi, avremo ottemperato alla legge e così tutti
contenti, ma i costi rimarranno sempre gli stessi (sono malati che
comunque continueranno a costare alla struttura) ma con un aumento di
contenzioso con i malati. La legge, oltretutto, in questo scempio non
prevede una salvaguardia legale per tutti quei casi in cui i medici
saranno costretti ad assistere in pessime condizioni i malati, a
dimetterli prima, a rimandarli a casa o smistarli all’ancora
inesistente, ma tanto reclamizzata, assistenza territoriale 24 ore su
24 di Balduzziana riforma. Infine, alcune proposte
concrete. Perché non prevedere anche per la sanità uno stanziamento straordinario
che permetta di far partire veramente l’assistenza territoriale
prevedendo servizi, personale e strutture necessarie dotate di
attrezzature. Perché non si avvia un piano straordinario per il sud
e non si costruiscono le strutture ospedaliere idonee a garantire
cure e a
studiare meccanismi che permettano di ridurre i tempi di ricovero
garantendo al contempo una vera assistenza? Oggi la Regione il
Lazio, assiste nei posti letto anche malati del sud che non trovano
nella loro regione risposte e cure adeguate, domani che dobbiamo fare
chiedere il certificato di residenza? Dove curiamo gli
stranieri che in quanto clandestini non risultano dalle statistiche
del ministero ? Mi rivolgo, quindi, a Lei, presidente della
Repubblica, vista la complicata situazione storica, affinché la Sua
sensibilità espressa nel suo messaggio sia maggiormente condivisa
dalle forze politiche e dal Governo e sia terreno comune in
Parlamento per una rinnovata agenda di riforme che porti a un new
deal del SSN. Serve un suo intervento che rassicuri il mondo della
sanità pubblica italiana, lo attendiamo, come medici, cittadini,
pazienti, operatori del sistema.
Francesco Medici
Vice segretario nazionale Smi
Roma,
20 novembre 2012