Vi ripropongo la lettura di questo interessante articolo del Sole 24 ore Sanità del 16-22 aprile:
“Mentre non vi è alcun dubbio che
gli ospedali e i servizi di emergenza devono essere sempre
adeguatamente dotati di personale e risorse 24 ore al giorno, sette
giorni alla settimana e 365 giorni l'anno, l'idea che non dovrebbe
esserci differenza per i servizi di routine, che dovrebbero essere
offerti al completo nei fine settimana e durante le vacanze è
potenzialmente dispendiosa e distruttiva.
L'argomento a sostegno sell’ipotesi
sembra essere che, se i negozi rimangono aperti più a lungo,
dovrebbe essere così anche per cliniche, ambulatori e sale
operatorie”.
Le frasi, extrapolate da un articolo
apparso sul BMJ in febbraio a firma del Presidente del College dei
GP inglesi, Iona Heath, in riferimento alle proposte del governo
conservatore, sembrano valide e attuali anche per la realtà
italiana (Heath I, Not safe in their hands, BMJ 20 Feb 2013).
Il successo mediatico dell’h24 nel
nostro Paese deriva dal malinteso che in questo sistema il medico di
famiglia sarà a disposizione dei pazienti 24 ore al giorno. In
realtà non è stato spiegato che il medico disponibile dovrà essere
necessariamente il medico “in turno”, che solo per alcune ore al
giorno sarà il proprio medico di famiglia. L’h24 e il 7/7per la
medicina generale, secondo i suoi sostenitori, risponderebbe alla
necessità di offrire nel territorio quello che oggi la gente va a
cercare nei pronto soccorso ospedalieri e per la presa in carico
globale dei pazienti, in particolare dei pazienti cronici.
In realtà il primo vizio di fondo
dell’ipotesi è che si confonde la risposta all’urgenza con la
presa in carico delle cronicità. Se guardiamo al problema delle
urgenze oggi i cittadini si rivolgono ai pronto soccorso per ottenere
una risposta tempestiva a un problema di salute che in pochi casi è
un’urgenza oggettiva, a volte è un’urgenza soggettiva, il più
spesso è un problema differibile; essi chiedono una risposta
tempestiva soprattutto in termini di diagnostica e di consulenza
specialistica. L’apertura di studi aggregati di medici di medicina
generale per 24 ore 7 giorni su 7 non potrà mai offrire una risposta
sufficiente al bisogno espresso perché le strutture complesse
offrono prevalentemente assistenza di medicina generale e la
dotazione tecnologica di base (bisogna poi vedere cosa si intende per
tecnologia di base) e la presenza di alcune figure specialistiche per
alcune ore al giorno non risponderebbe che a una minima parte delle
soggettive necessità dei cittadini che si rivolgono in PS. Si corre
perciò il rischio di una duplicazione di strutture preposte
all’urgenza senza effettivi benefici ne di salute ne di risparmio.
Se ragioniamo invece sulla presa in
carico del paziente cronico non è ben chiara l’utilità di uno
studio medico supermercato, aperto ogni giorno a tutte le ore, perché
l’assistenza al paziente cronico si avvale di attività sanitarie
programmabili. L’h24 invece produrrebbe effetti dannosi sul
rapporto fiduciario e sulla spesa sanitaria.
Dato che non è possibile ipotizzare
che il medico di famiglia sia impegnato nel lavoro 24 ore al giorno,
è presumibile che il cittadino possa rivolgersi in qualsiasi momento
preso lo studio associato del proprio medico ma consultando il medico
“in turno”. Questo da una parte porterebbe a minare il rapporto
fiduciario, che è il punto di forza della medicina generale europea,
trasformando gli studi associati in piccole strutture sul modello
ospedaliero. Da un’altra parte l’h24 e il 7/7 porterebbe
inevitabilmente ad un incremento dei costi assistenziali nel
territorio perché se il “supermercato della salute” è sempre
aperto aumentano i consumi e la spesa sanitaria, che in questo caso
però non è a carico dell’utente ma della collettività.
Che fare allora? Distinguiamo tra
risposta all’urgenza e presa in carico della cronicità. Una
premessa valida però per entrambe gli aspetti è che non può essere
definito a priori un unico modello organizzativo valido per le
metropoli e le città, per i piccoli comuni e per le zone a
popolazione sparsa. Quello che va definito a priori è il modello
assistenziale al quale occorre poi adeguare, a seconda della realtà
considerata, più modelli organizzativi.
Risposta all’urgenza soggettiva. Da
una parte occorre potenziare la risposta dei PS, soprattutto in
termini di personale e di attività diagnostica, e dall’altra
organizzare percorsi differenti per i codici di diverso colore. I
percorsi alternativi per i codici bianchi e verdi sono ovviamente
differenti a seconda della realtà locale. Nelle città possono
essere UCP o strutture territoriali aperte 24 ore deputate
al’urgenza, nei piccoli centri le medicine di gruppo, nelle realtà
sparse le aggregazioni funzionali prevedendo un servizio di
continuità assistenziale notturna e festiva. Quello però che è
fondamentale, chiunque sia il soggetto che risponde all’urgenza
soggettiva, è la messa in rete degli operatori, del 118 e dei
servizi di PS con la possibilità di attivare in tempo reale i
servizi diagnostici ed eventuali consulenze specialistiche. Il
cittadino così avrà la certezza di poter accedere, se necessario,
ad una risposta che ritiene adeguata la suo bisogno anche al di
fuori del PS ospedaliero.
Presa in carico della Cronicità. Il
modello assistenziale deve prevedere la definizione di un piano
assistenziale individualizzato per il singolo paziente, definito da
un team delle cure che comprenda il medico di famiglia, gli
specialisti di riferimento e le figure professionali infermieristiche
del territorio formate al care management e al supporto motivazionale
del paziente cronico. Appare infatti necessario un coinvolgimento
attivo del paziente per poter raggiunger i migliori risultati di
salute (patient empowerment). I modelli organizzativi devono
adeguarsi a quel modello assistenziale prevedendo innanzitutto un
forte livello di integrazione tra tutte le figure professionali
coinvolte, che può realizzarsi fisicamente nelle UCP, ma anche in
chiave funzionale nei piccoli comuni e nella campagne individuando
strumenti ed indicatori che favoriscano la comunicazione e la
collaborazione tra i professionisti.
A che serve in questo caso l’h 24 e
il 7/7? Si tratta di attività assistenziali di routine programmabili
e da programmare, per le quali non è utile incrementare l’offerta
indiscriminata di servizi e prestazioni. Quindi l’h24 e il 7/7 per
la presa incarico della cronicità è soltanto uno slogan senza
alcuna reale convenienza e con un incremento certo di spesa corrente
e un probabile incremento di spesa indotta.
Ancora dall’articolo di Iona Heath:
“Personalmente, sono ben disposta a pagare la mia parte
integrale delle imposte in modo che tutti possano avere accesso alle
cure di emergenza e urgenza di cui hanno bisogno. D'altra parte, non
sono disposta a finanziare l'accesso universale alle cure non urgenti
al di fuori degli orari normali.”
Non è utile innamorarsi degli slogan
ma occorre costruire modelli organizzativi che rispondano a precisi
modelli assistenziali.
Ernesto Mola
ASSIMEFAC (Associazione Scientifica
Interdisciplinare e di Medicina di Famiglia e di Comunità)