Si
riscalda la partita del rinnovo delle convenzioni per adeguare al Dl
Balduzzi. Mentre i sindacati maggioritari dei medici di base (Fimmg,
Fimp e Sumai) gettano acqua sul fuoco della bozza
di atto d'indirizzo predisposta dal Comitato di settore,
la Conferenza delle Regioni questo pomeriggio ha esaminato la
questione. La commissione salute, che si è riunita ieri, ha definito
le opzioni in gioco «ad alto tasso politico» e ha individuato due
criticità: da un lato l'aspettativa delle cure h24 generata dal
decreto, quando - si legge nel resoconto della riunione - «i medici
stessi non pensano di garantire assistenza h24»; dall'altro la
previsione che le forme aggregative siano garantite dalle Regioni in
termini di mezzi di produzione, che gli assessori non esitano a
definire «scelta folle». Perché «si è instaurata una aspettativa
di nuove risorse, ma per il Fsn l'operazione è a saldo zero».
La
proposta dei presidenti al Comitato di settore, nell'immediato, è
stata quella di chiedere un parere preventivo alla Corte dei conti
sulla norma che riguarda il finanziamento dei mezzi di produzione che
- scrivono - «vale un miliardo». La lettera è già stata
predisposta, e sarà inoltrata «dopo verifica informale del
ministero della Salute». Di più: le Regioni hanno deciso di
verificare quante e quali amministrazioni hanno
già proposto ricorso alla Corte costituzionale contro il Dl
Balduzzi (i
termini scadono il 9 gennaio 2013). Nella Conferenza straordinaria
convocata per il 13 dicembre sul tema sanità si riparlerà anche di
questi aspetti.
Mentre
la posizione critica delle Regioni esce allo scoperto, Fimmg, Fimp e
Sumai - che hanno fatto fronte comune sin dall'inizio sostenendo
l'iter del decreto Balduzzi - serrano le file, non entrano nel merito
e invitano a respingere «ogni allarmismo», minimizzando i contenuti
della bozza e facendo notare che il documento anticipato «non ha
nessuna intestazione». Le tre sigle chiedono invece subito un
«confronto politico» con chi «ha la rappresentanza politica
ufficiale delle Regioni a livello nazionale».
Non
la pensano così, però, gli altri sindacati. Lo Snami, che ha subito
annunciato lo stato di agitazione permanente, parla di «apocalisse
della medicina generale». «Come stiamo denunciando da tempo -
afferma il presidente Angelo Testa si sta paventando un epilogo amaro
per le cure primarie. Non più "solo" cambiamenti
peggiorativi a isorisorse, ampiamente annunciate e paradossalmente
gradite dai soliti dirigenti sindacali, ma addirittura tagli
importanti agli stipendi dei medici del territorio». Per l'addetto
stampa nazionale, Domenico Salvago, «non bisogna cessare di
sottolineare in tutte le sedi e in tutte le maniere possibili che c'è
chi ha voluto questo scempio. Un ministro che senza alcuna
concertazione e con evidente scarsa conoscenza della medicina
generale che promulga cambiamenti impossibili perché senza alcun
finanziamento, un sindacato che plaude ad un decreto che prevede
irrealistiche forme di assistenza con medici-marziani stakanovisti e
con il dono dell'ubiquità e, dulcis in fundo, le Regioni, a cui non
sembrerà vero di porre condizioni capestro: esclusività del
rapporto di lavoro e taglio economico delle indennità percepite dai
medici a vario titolo».
Duro
anche lo Smi. Secondo Luigi De Lucia, vicesegretario generale,
l'ipotesi di direttiva del Comitato di settore è il primo segnale
della direzione intrapresa sulla riorganizzazione delle cure primarie
con l'approvazione del decreto poi convertito in legge: «La premiata
ditta, Regioni-Fimmg (e accoliti), ha prodotto il mostro che demolirà
la medicina del territorio. Niente risorse, innanzitutto, poi, per
aggiungere ulteriori elementi di irrazionalità, si prevede una
delirante esclusività di rapporto, dopo che nella riforma non si è
contemplato nemmeno il tempo pieno. E, infine, taglio netto delle
indennità che si percepiscono per l'associazionismo, l'indennità
informatica, gli incentivi per il personale (eccetera). Una
porcheria». Lo Smi ironizza pure sul «teatrino successivo alla
pubblicazione della bozza»: «Mentre il segretario della Fimmg,
Milillo, forse cosciente del pasticciaccio realizzato (forse!),
riferendosi alla Regioni, denunciava "un atteggiamento
irresponsabile e provocatorio che fa precipitare i loro rapporti con
il sindacato" , una successiva nota della Fimmg contraddiceva i
toni della prima reazione, ergendosi a "portavoce" sempre
delle sopra citate Regioni, e con una nota da "pompieri",
cercava di spegnere l'incendio, sottolineando come la bozza sia
"comunque ampiamente modificabile". Un capolavoro, di
collateralismo e di "inciuci", e allo stesso tempo un
pasticcio sulla pelle dei medici convenzionati».
Anche
La Fp Cgil medici, tramite Nicola Preiti, evidenzia la
consequenzialità tra il decreto Balduzzi e la bozza di direttiva:
«Era logico aspettarsi che le Regioni volessero scaricare sui medici
il peso del decreto. Non mancano le forzature, ad esempio con la
previsione del rapporto esclusivo. Era fra le righe del decreto ed è
un'esigenza implicita del tipo di riorganizzazione, ma si deve
discutere, non si può dare per scontata (anzi gratis) prima di
iniziare la partita. O con la previsione della sospensione e
successiva riconversione delle indennità: se si sospendono chi paga
i servizi erogati con esse? La scelta dei due tempi nasconde la
volontà delle Regioni di fare cassa!«. Per la Fp Cgil, inoltre,
«non si capisce poi cosa c'entri l'emergenza territoriale con il
ruolo unico della medicina generale: i medici che fanno l'emergenza
territoriale sono oggi al 70%-80% dipendenti. Insomma il ruolo unico
ce l'hanno già, è quello della dirigenza».