Sì è
aperta ieri a Madrid la quinta settimana di sciopero dei medici contro i
tagli e i progetti di privatizzazione del sistema sanitario in
approvazione in questi giorni.
La lunga protesta si è interrotta per soli due giorni, il 24 e il
25 dicembre, per poi riprendere con forza nella giornata di ieri. Uno
sciopero che, per la sua lunga durata e la grande adesione, sta facendo
sentire concretamente i propri effetti, come confermato dalle lamentele
del presidente di Madrid, Ignacio Gonzalez, che ha chiesto di
regolamentare il diritto di sciopero dei medici per contrastare l’uso
‘abusivo ed intollerabile’ che ne è stato fatto nelle ultime settimane.
Un discorso, questo, ripreso in termini simili anche dal ministro della
salute.
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Quel che il governo sta tentando di fare è infatti di sviare
l’attenzione dalla legge sulla sanità, rivoltando le responsabilità
contro lo sciopero in atto da un mese, che, nonostante gli effetti
concreti che sta avendo sui servizi, può contare su un ampio sostegno da
parte della popolazione, consapevole che, se la legge passerà, le
condizioni dei servizi sanitari nella capitale sono destinate a
peggiorare molto di più.
In concomitanza con la ripresa dello sciopero, ieri migliaia di
persone sono tornate a manifestare per le strade di Madrid contro le
decisioni del governo regionale, che proprio oggi dovrebbe votare la
legge che consentirebbe la cessione di diversi ospedali e cliniche alla
gestione privata. Un’approvazione che potrebbe però essere rallentata e
ostacolata dalle numerose proteste delle ultime settimane e dalla scelta
dei medici di abbandonare i negoziati.
Nel frattempo continua la pratica delle dimissioni in blocco da
parte dei medici di alcuni centri ospedalieri, mentre altri hanno
intrapreso altre forme di protesta, come lo sciopero della fame, e tutti
annunciano una grande mobilitazione per il mese di febbraio.
Alcuni medici hanno inoltre denunciato come il progetto di
privatizzazione e tagli del servizio sanitario che si vorrebbe applicare
a Madrid potrebbe essere un banco di prova che molto probabilmente
preannuncia riforme simili nel resto del paese ma la zona della capitale
non è l'unica ad essere in fermento: nuovi fronti di mobilitazione in
difesa della sanità sono infatti aperti anche in Andalusia, nelle
Asturie, in Catalogna e a Castiglia.